Ci sono molte fasi nel perdono e sicuramente non è un atto che può essere fatto una volta per tutte attraverso una scelta mentale.
Il perdono è un processo che richiede tempo se si vuole che sia totale e liberatorio. Si, ho detto liberatorio perché è quello il dono del per-dono: liberare se stessi dalle tenaglie del senso di ingiustizia, dalla rabbia e dallo spirito di rivalsa. Libera anche l’altro da quei ganci psichici inevitabili che permangono a livello sottile. La relazione non si interrompe e i protagonisti della storia restano inconsciamente legati.
L’assenza di perdono è invece un fardello che impedisce di vivere e di progredire. Anche coloro capaci di lasciarsi il passato alle spalle e di tagliare di netto ogni circostanza o legame dalla propria vita posseggono un inconscio che non li lascerà mai totalmente in pace se non perdonano.
Il perdono è un cammino di crescita ciclico a più fasi.
Fase 1: comporta il coraggio di raccontare la verità della storia partendo dalla propria rabbia nei confronti di chi o cosa ci ha ferito. Sviscerare il torto subito, le circostanze e le persone coinvolte, dandoci il permesso di colpevolizzare l’altro. È la rabbia che deve parlare e ciò può essere difficoltoso perché non è un’emozione facile da gestire. La difficoltà sta nel dover contattare proprio la rabbia come emozione primaria, superare il pregiudizio che sia un’esperienza emotiva sbagliata e la vergogna di provarla.
Fase 2: consiste nel riconoscere la propria parte di responsabilità nell’esperienza. Come ho partecipato alla creazione di questa storia nella mia vita? È un livello di difficoltà maggiore ma porta anche ad un livello di maturità maggiore. È per persone mature e occorre la forza di contenere nuovamente la rabbia, stavolta nei confronti di se stessi.
Fase 3: qui c’è il riconoscimento dei vari significati e insegnamenti contenuti nell’esperienza. Non sempre accadono cose per insegnarci qualcosa, ma una coscienza sveglia impara sempre e comunque. Il vero risveglio lo si riconosce dalla nostra capacità di imparare e di porci come co-creatori della nostra vita.
Fase 4: elaborare materialmente, manifestare in forma simbolica o fisiologica i residui di rabbia, dolore e difese non ancora espressi, rimasti in sospeso, originati nel momento in cui si è subito il torto.
Fase 5: sforzarsi, e ripeto sforzarsi, di integrare la gioia, l’estasi, la felicità e il vero godimento nella propria vita. Non ci sono esistenze totalmente perfette e felici, un’aspirazione di questo genere è puerile e poco realistica: la Vita è troppo ricca e variegata per essere monocromatica. Per questo motivo occorre aiutarsi a vivere momenti di gioia, gratitudine e felicità che possano medicare le ferite e ricordarci che possiamo tornare a vivere e dimenticare davvero il passato, perché c’è sempre qualcosa di meglio che ci attende.
Il perdono è un cammino fatto di coraggio, di commensura, di consapevolezza e di tempo. A volte potrebbe rendersi necessario affrontare nuovamente queste fasi, ripassare sopra temi già visti, ma più profondamente. Questo non deve scoraggiare perché nulla viene perso di quanto elaborato e conquistato prima, semplicemente siamo più pronti per conquistare qualcosa in più.